lunedì 9 febbraio 2009

Affidamento condivisio e conflittualità tra genitori

Nel quadro della nuova disciplina relativa ai "provvedimenti riguardo ai figli" dei coniugi separali, di cui ai citati artt.155 e 155 bis c.p.c., come modificativamente e integrativamente riscritti dalla L. n. 54 del 2006, improntata alla tutela del diritto del minore (già consacrato nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 resa esecutiva in Italia con L. n. 176 del 1991) alla cd."bigenitorialità" (al diritto, cioè, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione), l'affidamento "condiviso" (comportante l'esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore) si pone non più (come nel precedente sistema) come evenienza residuale, bensì come regola; rispetto alla quale costituisce, invece, ora accezione la soluzione dell'affidamento esclusivo.

Alla regola dell'affidamento condiviso può infatti derogarsi solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l'interesse del minore".

Non avendo, per altro, il legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all'affidamento condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con "provvedimento motivato", con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l'affidamento esclusivo.
L'affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sè, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poichè avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.

Occorre viceversa, perchè possa derogarsi alla regola dell'affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza ...).

Per cui l'esclusione della modalità dell'affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all'interesse del figlio dell'adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.

Cassazione civile 16593/2008

Affidamento condiviso e conflittualità tra genitori

In tema di affidamento condiviso il principio cardine è quello della bigenitorialità.
Di per sè la conflittualità tra genitori non impedisce che il minore possa essere affidato ad entrambi, salvo che sussistano specifiche ragioni per le quali il conflitto si traduca, nel caso concreto, in un ostacolo effettivo all’affidamento condiviso e, cioè, in una situazione di pregiudizio per l’interesse del minore.

Tribunale Modena, sez. II, 17 settembre 2008

venerdì 30 maggio 2008

Affidamento condiviso

A differenza dell'affidamento congiunto previsto dalla legge sul divorzio ed applicato in modo non concorde e spesso non conducente dalla giurisprudenza, l'affidamento condiviso, introdotto dalla l. n. 54 del 2006, non comporta né una impossibile convivenza della prole con entrambi i genitori, né una sorta di affidamento alternato.

Esso tende alla maggiore responsabilizzazione di entrambi i genitori, impegnati così "ex lege" e "iussu iudicis" a concordare ed a porre in essere, con reciproca lealtà, una linea comune nell'allevamento e nella formazione psicofisica della prole, secondo una linea prospettica non di comunione, ma di compartecipazione alla migliore cura di essa, esercitando ognuno di essi la p.p. in modo disgiunto per quanto attiene all'ordinaria amministrazione nel periodo in cui la prole permane con un genitore.

L'affidamento condiviso non osta, peraltro, all'allocazione privilegiata, ma non necessariamente costante, nella casa di uno dei genitori, e può essere disposto anche quando tra questi ultimi sussista e persista una, anche marcata, conflittualità, nella ragionevole previsione prognostica che l'osservanza integrale dei propri doveri e delle prescrizioni del giudice valga a rasserenare ed equilibrare i rapporti tra i genitori ed a renderli idonei a svolgere in maniera feconda il proprio ruolo, insostituibile fino a prova del contrario (nella specie, mentre il padre aveva tenuto condotte non sempre ottimali, comportandosi spesso con impazienza, intemperanze verbali e cercando di avvicinare il figlio ignorando le indicazioni dei servizi sociali, ma mantenendo, tuttavia, comunque vigile consapevolezza del disagio familiare complessivo e mostrando di essere capace di fare autocritica, la madre aveva mostrato di non comprendere la gravità del disagio di un figlio che nega o rifiuta la figura paterna, di essere insofferente alle prescrizioni giudiziali dei servizi sociali, di ritenersi l'unico punto di riferimento del minore, e di essere talmente sicura della bontà della propria condotta e dei propri giudizi da giungere ad opporre ed attuare un costante, manifesto, concreto dissenso dalle prescrizioni impartitele, omettendone assai spesso l'osservanza.

Tribunale Messina, 05 aprile 2007

giovedì 29 maggio 2008

Assegno di mantenimento dei figli e convivenza degli stessi con altro partner

Il solo fatto dell'instaurazione di un rapporto di convivenza del figlio con altra persona determina la cessazione degli obblighi di assistenza e di mantenimento da parte dei genitori?

Oppure l'obbligo previsto dall'art. 147 c.c. viene meno soltanto allorché, con l'entrata del figlio nel mondo del lavoro o comunque con l'avvio di un autonomo regime di vita, si materializzi concretamente e non in astratto l'indipendenza economica del medesimo?

Il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza 31 Marzo 2007, propende per la seconda ipotesi.

Si legge in motivazione:

Particolare è invece la posizione di C. C. La stessa ha mantenuto una relazione con un uomo, da cui ha avuto due gemelli.

Non risulta, però, che abbia mai lavorato; chè anzi è iscritta quale disoccupata presso il locale Centro per l'Impiego sin dal 15.4.1999, vale a dire dall'età di diciassette anni. Analogamente, non risulta affatto che il periodo di convivenza con il padre dei suoi figli abbia significato anche l'affrancamento dal mantenimento dei genitori; ed anzi l'intera vicenda, quale emerge dagli atti, fa senz'altro opinare il contrario: è la stessa ragazza a riferire che il suo momentaneo convivente era una persona "sbandata", e che il suo nuovo nucleo familiare aveva difficoltà anche durante la convivenza.

Resta allora da chiedersi se il solo fatto dell'instaurazione di un rapporto di convivenza con altra persona determini la cessazione degli obblighi di assistenza e di mantenimento da parte dei genitori (a prescindere ovviamente dal diverso diritto agli alimenti di cui agli artt. 433 segg. c.c.); o se invece l'obbligo previsto dall'art. 147 c.c. viene meno soltanto allorché, con l'entrata del figlio nel mondo del lavoro o comunque con l'avvio di un autonomo regime di vita, si materializzi concretamente e non in astratto l'indipendenza economica del medesimo.

Sembra al tribunale di dover senz'altro accogliere la seconda tesi.

Il dovere di solidarietà, su cui si fonda l'obbligo genitoriale del mantenimento della prole, permane fintanto che il figlio non raggiunga un'autonomia economica (anche se successivamente questa venga meno), o volontariamente non approfitti di idonee offerte di lavoro consone alle sue attitudini, ovvero fin quando il suo inserimento in un nuovo nucleo familiare non gli consenta di far fronte alle proprie esigenze senza il sostegno economico della sua famiglia di origine.

La sola convivenza con altra persona, che non determini anche il raggiungimento di un'indipendenza economica dall'originario nucleo familiare, non solleva, allora, i genitori dall'obbligo di cui all'art. 147 c.c., che invece permane inalterato.
Sembra questa l'interpretazione che meglio coniuga i doveri genitoriali ai principi di solidarietà, anche familiari, previsti dalla Costituzione.


L'opposta soluzione, d'altra parte, finirebbe anche con il determinare una ingiustificata disparità di trattamento tra i genitori quando, come nel caso in esame, uno di essi continui a convivere con il figlio e ad assicurargli i mezzi di sussistenza.

A carico del C va allora posto un assegno di mantenimento della figlia Cinzia, pari ad euro 300,00 mensili, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat sul costo della vita.

Matrimonio e impotenza

Nell'ordinamento italiano l'incapacità di procreare non è prevista come causa di nullità del matrimonio.

Detta incapacità assume invece rilevanza solo quale errore di un coniuge sulle capacità procreative dell'altro a condizione che senza tale errore, non sarebbe stato prestato il consenso al matrimonio.

In questa vicenda, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata che, in sede di delibazione di quella del tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per "impotentia generandi", avendo il giudice omesso di accertare la compatibilità di tale pronuncia con l'ordine pubblico italiano.

Cassazione civile , sez. I, 28 novembre 1987, n. 8851